Era mio figlio
Regia: Savi Gabizon
Cast: D. Kruger, R. Gere, J. Clement, M. McPhail, T. Sanelli
Trama
Daniel è un ricco newyorkese che non ha mai voluto figli. Un giorno rincontra la sua ex fidanzata canadese di vent’anni prima che gli rivela due cose agghiaccianti: suo figlio è morto in un incidente stradale e il padre era proprio Daniel. Inizia così per lui un viaggio in cerca di un figlio mai conosciuto. Per capire che tipo di persona fosse e costruirsi dei ricordi ex novo parlerà con i suoi amici, i compagni di college e la professoressa che gli aveva rubato il cuore, in un crescendo di scoperte non sempre piacevoli che diventerà per lui una vera e propria ossessione.
Recensione
Un film tormentato sui rimpianti e sulla difficoltà di lasciar andare. È incentrato su questo il nuovo lavoro scritto e diretto dal pluripremiato regista israeliano Savi Gabizon. Molto deve alla caratura del suo protagonista, un Richard Gere convincente nel ruolo drammatico di un magnate costretto a fare un bilancio della propria esistenza, dopo una vita passata senza il minimo desiderio di paternità. Diventa padre suo malgrado, proprio quando apprende di aver avuto un figlio e che quel figlio non esiste più. Uno shock che apre una voragine di rimpianti, diventando uno strappo impossibile da ricucire. La sua elaborazione del lutto diventa presto riappropriazione del tempo perduto, e il regista si sofferma a raccontare questo viaggio in un passato mai vissuto. Il passato di suo figlio. Così si spiegano le chiacchierate con chi lo ha conosciuto, ma anche l’ostinazione a difenderne anche le parti più ombrose, dalla droga all’ossessione per la sua sensibile professoressa, interpretata da Diane Kruger.Una scena tra l’erotico e l’onirico alla Ari Aster è la cifra della spirale di dolorosa follia in cui cade a poco a poco il protagonista, che decide addirittura di organizzare un matrimonio postumo tra suo figlio e una ragazza, anche lei venuta a mancare tragicamente. È un film che fa riflettere su temi giganti, dalla perdita alla paternità, dai turbamenti dell’adolescenza all’amore tossico e psicologicamente violento che un ragazzo può provare. La regia non spicca particolarmente per maestria o guizzi stilistici, ma sa mantenere salde le redini del dramma anche quando la narrazione deraglia sui binari del delirio del protagonista, riuscendo a firmare una storia solida, triste, ma capace di farci addentrare nella condivisione del dolore del protagonista. Gere fa tutto il resto, facendosi carico della forte emotività di un ruolo massiccio per nulla semplice, ma ricco di sfumature. Una volta tanto non interpreta l’eroe romantico, anzi è il suo esatto opposto. Un uomo egoista, assente, che si ritrova suo malgrado catapultato in quell’universo familiare che ha sempre intenzionalmente allontanato. Il pubblico segue con empatia questo viaggio negli inferi di un padre in lutto, seguendone tutto il ritmo volutamente funereo. Ci vuole tempo per comprendere, accettare, conoscere e condividere il dolore. Questo film lo ricorda, forte dell’interpretazione misurata e mai caricaturale del suo inossidabile Gere.
Data
Giovedì 12 Dic.
Lunedì 16 Dic.
Orario
- Giovedì: 18.30 - 21.15
- Lunedì: 16.00 - 18.30 - 21.15
Genere
Drammatico
Durata
111 minuti
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