MARIA

Regia: Pablo Larraín
Cast: A. Jolie, P. F. Favino, A. Rohrwacher, H. Bilginer

Trama

Il 16 settembre 1977 Maria Callas muore a 53 anni nel suo appartamento di Parigi, dove viveva sola con l’unica compagnia dei fidatissimi Ferruccio, autista e maggiordomo, e Bruna, la domestica. Nella settimana precedente alla morte e a più di quattro anni dall’ ultima performance, la straordinaria soprano greco-statunitense fa i conti con il peso della sua fama, con il ricordo ancora forte del compagno Aristotele Onassis e, forse, con un ultimo tentativo di tornare a calcare i palcoscenici dell’opera, pur indebolita e con una voce nella quale lei per prima non riconosce più il timbro de “la Callas” e delle sue indimenticabili interpretazioni.

Recensione

Maria Callas scrive il suo gran finale e si aggiunge alla tribù di donne (Jacqueline Kennedy, Diana Spencer) di Larraín, a cui il mondo non smette di chiedere conto. Chissà se quella di Pablo Larraín ha sempre voluto essere una trilogia, o se i suoi ritratti di icone femminili del ventesimo secolo – colte sul precipizio della tragedia in una perenne lotta tra identità e aspettative esterne – si sono semplicemente affastellati uno sull’altro come dei bellissimi misteri insolubili. Proprio la diva americana sembra quasi risolvere – nei panni di un’icona globale come la più celebre delle cantanti liriche – il grande equivoco della sua carriera, lei stessa troppo icona per essere anche attrice, condannata da un magnetismo regale a trovarsi in perpetuo eccesso dei personaggi “normali”. Con una vita alle spalle e un successo già incastonato nella storia, Maria Callas è in quell’ultima settimana parigina un puro simbolo, che chiude gli occhi e vede il teatro, che va al ristorante per essere ammirata ma torna a casa per sentirsi amata dai suoi due protettori (Favino e Rohrwacher, di delizioso supporto). Jolie ne prende le redini con agio, canta in un’unione di voci e come tema principale sceglie la ricerca di controllo: della sua legacy come della sua privacy, delle sue emozioni e delle sue fragilità; soprattutto, del suo gran finale. Con abile e suggestivo uso di materiali d’archivio uniti alla solita squisita fotografia (una composizione insieme classica e barocca, “graffiata” qua e là dalla camera a mano che gli è cara) il regista insegue la sua stella per l’appartamento e posiziona strategicamente quegli inserti lirici che lei non vuole mai (ri)sentire: la Norma, la Traviata, Tosca, che dai più grandi teatri del mondo si insinuano di ritorno in quella casa sull’Avenue George Mandel.

Data

Giovedì 24 Apr.
Lunedì 28 Apr.

Orario

- Giovedì: 18.30 - 21.15
- Lunedì: 16.00-18.30-21.15

Genere

Biografico

Durata

123 minuti

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